MONZAPhotography

NOMACHI – LE VIE DELL’ANIMA – REGGIA DI MONZA

30 maggio – 8 novembre 2015
NOMACHILe vie dell’anima
Reggia di Monza – Serrone della Villa Reale
Viale Brianza, 2 – 20090 Monza  – Italy

In conferenza stampa Kazuyoshi Nomachi ha affermato che conosce ed apprezza il forte impatto fotografico di Steve McCurry, affascinato dalle sue sorprendenti immagini. Invece il suo lavoro si basa sullo studio, approfondimento e continuità della ricerca. Solo in questo percorso, con i suoi scatti, riesce ad entrare in un’atmosfera magica e spirituale, lasciando così chiaramente una traccia: il suo punto di vista.

Ha debuttato come fotografo a 30 anni con la pubblicazione del primo libro di fotografia, edito da Mondadori. Da allora sono trascorsi 40 anni ed oggi è un considerato un grande fotografo, specializzato in temi religiosi ed ambientazioni sacre.

25 anni fa, nel Sahara, intuì che solo Dio avrebbe potuto offrire autentiche oasi per rendere possibile la vita agli abitanti di queste zone così ostili per l’uomo. Quel punto di vista lo ha caratterizzato fin dai suoi inizi e da allora ha fotografato il mondo, purtroppo ora globabilizzato, appiattito, come se fosse coperto da un gigantesco lenzuolo.
Si ritiene fortunato per aver lavorato nel periodo storico quando ancora non si era verificato questo appiattimento.
L’essere umano, nella sua immensa complessità, ha bisogno di forti guide spirituali, e con questa consapevolezza Nomachi ha lavorato come fotografo documentarista.

Nomachi ha una religione personale? Certo è stato a La Mecca ed è musulmano, ma per lui non ci sono grandissime differenze fra le diverse religioni; tutte quante confluiscono agli stessi obbiettivi finali. Un principio accomuna tutti: non è ammissibile uccidere altre persone nel nome di Dio. Lui rispetta la vita e la esalta con grande spiritualità nel nome di Dio.
Visitando “Le vie dell’Anima” abbiamo viaggiato con lui nei luoghi dove si è recato, il suo sguardo e la forte umanità che emerge dai suoi scatti ci hanno affascinato…

Un vivo ringraziamento all’Ufficio Stampa Civita, per l’organizzazione della conferenza stampa e della visita alla mostra all’interno del Serrone della Villa Reale, immerse in uno splendido roseto profumato nella splendida Reggia di Monza.
www.reggiadimonza.it/

Raffaella Losapio, 29 maggio 2015

comunicato stampa

Nomachi è uno dei più grandi fotografi giapponesi. E’ sempre stato un fotografo documentarista e ha dedicato tutta la sua vita al tema “della preghiera e della ricerca del sacro”. Per oltre 40 anni, sin dal suo primo viaggio nel Sahara, quando aveva venticinque anni, ha rivolto la sua attenzione alle più diverse culture del mondo che sono espressione dei popoli che vivono nelle terre più difficili e aspre, affascinato dai grandi spazi e dalla forza di quelle genti.

Nomachi Le vie dell’anima è la più grande mostra antologica dell’artista. Con circa 200 scatti, il percorso espositivo articolato in 7 sezioni ricostruisce il viaggio di una vita attraverso la sacralità dell’esistenza nella vita quotidiana, un’esperienza vissuta dall’artista in terre tra loro lontanissime, ma accumunate da quella spiritualità che dà un ritmo e un senso alle più dure condizioni. Una spiritualità che solo Nomachi sa cogliere in paesaggi di unica e straordinaria bellezza, dove i ritratti e le figure umane assumono una dignità assoluta e si fondono con il contesto in composizioni quasi pittoriche, dominate da una luce abbagliante, reale e trascendentale al tempo stesso. Un sorprendente allestimento, progettato da Peter Bottazzi, propone ai visitatori un percorso affascinante e coinvolgente.

Nomachi nasce in Giappone nel 1946 a Mihara, un villaggio nel Distretto di Hata, Prefettura di Kochi. Studia alla Kochi Technical High School e inizia a scattare fotografie fin dall’adolescenza. Nel 1969 studia fotografia con Takashi Kijima. Nel 1971 inizia la sua carriera come fotografo pubblicitario free-lance e l’anno successivo compie il suo primo viaggio nel Sahara, dove rimane colpito dalle dure condizioni di chi vive in un ambiente così ostile. Decide a quel punto di dedicarsi al foto-giornalismo.

Quasi a fare da contrappunto alla sua lunga esperienza nel riarso deserto matura in lui l’ispirazione del Nilo come tema, “Il Nilo, perenne flusso d’acqua che mai si prosciuga scorrendo nell’arido Sahara”. È questo concetto che dal 1980 guida la sua ricerca lungo il Nilo Bianco, dal delta fino alla fonte, in un ghiacciaio dell’Uganda, poi lungo il Nilo Blu fino alla sorgente negli altopiani dell’Etiopia. Strada facendo, egli cattura nei suoi scatti la forza dell’ambiente e della gente di questa vasta regione dell’Africa.

Dal 1988 rivolge la sua attenzione all’Asia. Mentre esplora le aree occidentali della Cina, viene attratto dalle popolazioni che vivono nelle estreme altitudini del Tibet e dal Buddismo. Questo incontro lo porta, fra il 2004 e il 2008, a visitare quasi l’intera area di cultura tibetana, spingendosi poi alla scoperta delle origini nelle terre del sacro Gange, dove nacque l’Induismo.

Dal 1995 al 2000 Nomachi accede alle più sacre città dell’Islam e viaggia per cinque anni in Arabia Saudita, avendo l’opportunità di fotografare il grande pellegrinaggio annuale alla Mecca e a Medina. È stato così il primo a documentare in modo così ampio e approfondito il prodigioso pellegrinaggio di oltre 2 milioni di musulmani verso la loro città santa, la Mecca.

Dal 2002 visita anche gli altopiani delle Ande, il Perù e la Bolivia, per indagare l’intreccio fra cattolicesimo e civiltà Inca, ricerca che prosegue a tutt’oggi.

Le sue fotografie sono pubblicate in tutto il mondo e appaiono nelle principali riviste di fotografia, dal The National Geographic, a Stern e GEO. I lavori realizzati nel Sahara, lungo il Nilo, in Etiopia, in Tibet e in Arabia, hanno vinto numerosi premi nel suo paese e hanno suscitato negli anni una grande ammirazione anche nei paesi occidentali.

Promossa dal Consorzio Villa Reale e Parco di Monza, la mostra è organizzata e prodotta da Civita Cultura, in collaborazione con Cultura Domani.

Sahara. “La potenza del Sahara non nasce solo dall’immensità del suo spazio. Fino a poche migliaia di anni fa, fu un’area climatica umida, come raccontano le immagini di vita e di animali incise da 8.000 anni nella roccia delle zone montuose. Quando, nel 1972, scoprii il Sahara, ne fui letteralmente conquistato. Tornandoci ho percepito la sua vera natura, poco visibile, quasi fosse nascosta dietro un velo.”

Nilo. “Avevo 34 anni, nell’ottobre del 1980, quando iniziai a esplorare le terre lungo il Nilo. Nel Sudan meridionale, m’imbattei in una tribù di pastori che viveva a stretto contatto con una mandria di bestiame, come in epoche preistoriche. Dopo 32 anni, il loro stile di vita è rimasto sostanzialmente lo stesso, compresa l’abitudine di cospargersi le ceneri dello sterco dei bovini per proteggersi dagli insetti.”

Etiopia. “L’Etiopia alterna scoscesi altopiani ad aree semi-desertiche dove vivono 83 gruppi etnici. In un isolato altopiano, circondato dal “mare islamico” del rovente deserto, è sopravvissuta una cultura cristiana trasmessa fin dai primi secoli dopo Cristo. In quelle tormentate montagne ho potuto visitare chiese rupestri e monasteri dove i fedeli continuano a porgere offerte come ai tempi della bibbia.”

Islam. “La fede islamica che insegna la devozione all’unico Dio, Allah, fu fondata nel VII secolo da Maometto. Fra gli obblighi fondamentali prescritti dal Corano c’è il pellegrinaggio a La Mecca dove si erge la Kaaba, che ho avuto il privilegio di fotografare grazie all’invito di un editore saudita. In Iran si concentrano i Musulmani Sciiti, il cui credo è influenzato dalla religione dell’antica Persia.”

Gange. “Il Gange scaturisce dai ghiacci dell’Himalaya e scorre nelle pianure dell’India fino al Golfo del Bengala. Le sue acque, legate al culto di Shiva, lavano i peccati di chi vi s’immerge e aiutano a rinascere nel cielo, liberando dalle sofferenze della reincarnazione di chi vi fa spargere le ceneri. Ho attraversato vari luoghi sacri, tra i tanti che si susseguono lungo le sue rive, ininterrottamente gremite di pellegrini.”

Tibet. ” I miei primi viaggi in Tibet risalgono alla fine degli anni 80. I tibetani sono devoti al Buddismo, rivisitato in base a una forte sensibilità propria. Gli occidentali si rivolgono sempre di più al Buddismo tibetano per il mite ottimismo che lo caratterizza. L’uguaglianza tra gli uomini è riconosciuta anche in virtù delle estreme condizioni ambientali del Tibet.”

Ande. “Prima della scoperta di Cristoforo Colombo, nell’altopiano andino si era sviluppata una originale civiltà. I popoli andini furono in gran parte convertiti al Cristianesimo, ma riuscirono a fondere nella nuova religione gli elementi del loro credo tradizionale. L’apparizione della figura di Gesù su una vetta delle Ande peruviane è all’origine del pellegrinaggio del Qoyllur Ritti, a cui ho assistito nel 2004.”

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Posizionare il cursore sulle immagini per leggere le didascalie; cliccare sulle immagini per ingrandirle

E’ possibile ammirare numerosi altri scatti al link: http://www.nomachi.com

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