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DA UN’INTERMINABILE ATTESA A “IL TEMPO ORIGINARIO” – RICORDANDO L’ULTIMA COLLABORAZIONE DI VINCENZO CECCATO

La pioggia continua, una lunga strada deserta e un’interminabile attesa per un bus furono le circostanze che diedero origine al nostro incontro. Una scena del teatro dell’assurdo che accadde nel novembre 2019 vicino al Macro Asilo di Roma, un incontro che pareva, come ben citò Vincenzo Ceccato, “Aspettando Godot”.
Da lì a poco avremo iniziato una corrispondenza e poi delle lunghe conversazioni nel suo studio con il desiderio di scoprire più da vicino l’urgenza dei nostri linguaggi artistici aprendo uno spazio fertile prossimo alla sua ultima collaborazione.
Esperendo la realtà in termini di movimento ho ascoltato col corpo i discorsi che abbiamo condiviso lasciandomi attraversare da visioni e dubbi su cui aprire campi comuni di riflessione. Ho visto alcuni suoi lavori re-interrogarmi su che “non-luoghi” siamo durante questo passaggio sulla terra accogliendo la potenza dei simboli e la loro capacità di raccontare storie lontane che risuonano col presente che si compie.
Mi fornì anche dei materiali di lettura che accolsi con curiosità, affascinata dal quel rapporto tra arte e scienza che nelle opere del signor Vincenzo – come io lo chiamavo – diveniva gesto, domanda, restituzione concettuale e materica di un processo di sperimentazione. Un processo di considerazioni molteplici e per questo complesse e concatenate indagando l’uomo, la vita sensibile e sensoriale, il mondo e la sua origine. E a proposito di origine – se di origine si può parlare – riporto con piacere un breve frammento di uno scritto di Étienne Klein che mi diede durante un nostro incontro e che, rileggendolo, mi offre un’altra volta quella percezione aperta, sconfinata che ci ha accompagnato durante la nostra collaborazione.

<< Oggi, sapere se l’universo ha avuto o meno origine degna di questo nome resta ancora una questione aperta […]. O l’universo ha avuto un’origine, che la scienza non ha ancora scoperto: in questo caso, è stato preceduto da un’essenza totale dell’essere; questo significa che è il risultato di un’estrazione dal nulla, che è probabilmente indicibile (perché per spiegare come il nulla abbia potuto cessare di essere nulla, bisogna riconoscergli delle proprietà che, per il fatto che esistono, fanno sì che si distingua da sé, il che determina delle aporie insuperabili …). O l’universo non ha avuto origine: in questo caso, c’è sempre stato dell’essere, mai del nulla; quindi, evidentemente, la questione dell’origine dell’universo non si pone più, era solo un problema mal formulato, ma è sostituita da un’altra questione, la più impenetrabile di tutte, quella dell’essere: perché l’essere invece del niente? >>.

Così da questi confronti e dopo quell’attesa interminabile sotto la pioggia, si dipanò il canovaccio di un video progetto che tocca i temi della ricerca di Ceccato in linea con la sua estetica, e nasce – nonostante i blocchi dovuti alla pandemia – Il Tempo Originario.
Il lavoro, per cui curo e interpreto la danza, è stato ideato e montato dall’artista, inserito nel programma di Rome Art Week 2020 e di cui riporto il link che lo stesso ha pubblicato sul canale YouTube

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Un percorso quello di Il Tempo Originario composto da quattro episodi a tema; il primo episodio si riferisce all’albero, simbolo della spinta verso la totalità cosmica nella sua genesi e nel suo divenire, sintesi dei due sessi, axis mundi, mediatore fra terra e cielo. Il secondo percorso attraversa l’ineluttabile destino umano rievocando il mito delle Parche avvolgendo, misurando e tagliando la vita. E proseguo citando le parole che presentano il lavoro:

<< Nel terzo percorso ci si immerge nel rito sacrificale, il pasto rituale che richiama il cannibalismo, identificazione tra discendenti e avi, tra vivi e morti. È un banchetto che comporta la festa, essa ha luogo nel Tempo Originario ed è essenza del Sacrificio, è dominare il Tempo. Fra i corpi-manichini smembrati di questo rito, ne emerge uno vivo che si spinge a consumare una danza concitata da pulsioni che lo trattengono in forme tensive o lo lasciano esplodere in sospensioni e cadute. La dimensione deputata all’ultimo percorso è quella della Scacchiera-Labirinto. […] La coreografia attraversa questa dimensione articolata in cui lo Spazio Sacro diventa prototipo del Tempo Sacro e la danza-partita gioca solo alcuni pezzi degli scacchi, scelti per la direzionalità del moto di attacco (pedone, cavallo, torre, regina e re) >>.

Mi è sembrato opportuno dare un cenno del suo ultimo impegno sia per dare atto a un lavoro che non è forma ma risultato di un processo ampio, ma soprattutto perché credo che raccontare l’operato di un artista, scoprirne il periodo in cui ha iniziato e continuato a dare spazio al suo estro, intuirne la sua apertura al confronto anche con artisti giovani dica molto della sua essenza, dei suoi desideri e della sua ricerca.
Ho appreso tanto dai momenti condivisi che toccavano aspetti e figure a me prima sconosciuti, e ricorderò anche le buone crostate che Ceccato mi regalava durante le pause in studio.
È sempre difficile lasciare una testimonianza quando si parla di una persona perché Corpo è anche ciò che non si vede, ma di cui si percepiscono gli effetti.
Probabilmente l’amore per la conoscenza è stato il leitmotiv che ha accompagnato questo nostro viaggio, nonostante appartenessimo a periodi storici diversi. E vi era in tale condivisione una moltitudine di mondi che si bilanciavano secondo un’alchimia preziosa per il progetto che si costruiva, e si… se c’è una parola che in me risuona pensando a Vincenzo Ceccato, quella è proprio Conoscenza.

Rossana Abritta
https://www.rossanaabritta.com/ 

 

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