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PINO PASCALI BOOK, CURATED BY ANNA D’ELIA, PRESENTATION AT MACRO IN ROME

Book "Pino Pascali", curated bu Anna D'Elia, Electa 2010

Presentation of the book
Pino Pascali

curated by Anna D’Elia
(Electa 2010)
MACRO, Via Nizza/Via Cagliari, ROMA
February 16th 2011


Saranno presenti oltre all’autrice, il gallerista Fabio Sargentini, il critico Vittorio Rubiu, il direttore del MACRO, Luca Massimo Barbero, la curatrice Della Mostra “L’Attico di Fabio Sargentini 1966-1978” Francesca Pola.

Scheda del volume

Il volume è la nuova edizione, ampliata  e aggiornata, della monografia dedicata a Pino Pascali (Bari  1935- Roma 1968), a cura di Anna D’Elia, edita nel 1983 da Laterza da tempo esaurita.

Oltre ai saggi aggiornati di Anna D’Elia e Pietro Marino, la nuova edizione raccoglie interventi di critici e storici dell’arte, Alberto Boatto, Achille Bonito Oliva, Cesare Brandi, Giuliano Briganti e Maurizio Calvesi, Vittorio Rubiu,  insieme a rari e importanti scritti autografi (Le parole di Pino), a omaggi di amici e testimonianze poetiche come quella del gallerista Fabio Sargentini e dell’artista Luca Maria Patella.

Ai testi contenuti nella prima edizione si sono aggiunti gli scritti di Simonetta Lux, Marco Senaldi,  Massimo Ruiu e Rosalba Branà, una biografia ricca di testimonianze di “compagni di strada” dell’artista stilata dalla curatrice e da Claudia Lodolo, e le schede  storico-critiche aggiornate e ampliate delle opere firmate da Anna D’Elia  e  Lia De Venere. Completano il volume gli apparati di Rosangela Mastromarino e una ricca documentazione fotografica a colori e in b/n.

La pubblicazione odierna, promossa come la precedente dall’Accademia dei Belle Arti di Bari, rientra tra le iniziative previste dal progetto Puglia Circuito del Contemporaneo, approvato nell’ambito dell’Accordo di  Programma Quadro “Sensi contemporanei”, sottoscritto dalla Regione Puglia con il Ministero dello Sviluppo Economico e il Ministero dei Beni e delle Attività culturali, e realizzato dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia e dall’Assessorato regionale al Mediterraneo e Attività Culturali.

Retro di copertina o riquadro conclusivo
Nomadismo

Pascali: uno scultore, ma con l’aria dissacratoria dada, un performer ma in spirito di fedeltà futurista, un poverista che non ha dimenticato la lezione di Marinetti:

“Riplasmiamo il mare mediante nuovi tipi di onde, riplasmiamo il cielo… Creeremo l’acchiappasole enorme imbuto guarnito di mille specchi”.[i]

L ‘elemento unificante di questa avventura che Pascali vive tesa tra gioco, infanzia, mito, è il nomadismo[ii].

Nel viaggio verso il suo centro, alla riscoperta di una identità soggettiva e storica, Pascali pratica un vorticoso movimento centrifugo che si esplica in un via vai incessante tra passato (primario, infanzia, mito) e presente. Una pendolarità che mette in atto anche nel territorio specifico dell’arte, instaurando un dialogo continuato e intermittente con Futurismo, Surrealismo, Dada. Ricollega le Avanguardie Storiche alle Neoavanguardie .

Il suo nomadismo si è spinto fin dentro i linguaggi dei mass media, privilegiando quelli popolari legati al mondo della fiction, che più gli era congeniale. E’ in questo universo popolato da fumetti, insegne pubblicitarie, kitsch, cartoni animati, caroselli che attinge.

Quali fili conduttori guidano dal ’64 al ’68 la irruente e, in apparenza, discontinua attività creativa di Pascali?

La sua ricerca nasce da una sensazione crescente di perdita d’identità. Erano gli anni in cui i media dilatavano gli orizzonti provinciali dell’Italia, importando dagli Stati Uniti modelli di comportamento e stili di vita. Si acuiva la crisi di passaggio della cultura italiana da una tradizione umanistica e agraria ad una industriale. Nell’arte, l’opposizione di astrattismo e figurazione veniva scavalcata dalla Pop Art , da cui  Pascali media un’attenzione alla sfera dei valori urbani, alla tematica della seconda natura (l’artificiale), un interesse per le contaminazioni linguistiche della cultura di massa. Trasfonde questi stimoli in una  costruzione poetica, che non propone una amplificazione legittimante dell’universo urbano, ma un processo di reinvenzione-ricostruzione. Pur dentro i modelli della cultura metropolitana, conserva nei suoi confronti un atteggiamento critico. Ne intuisce in anticipo la crisi e cerca alternative e integrazioni possibili in altre dimensioni. Contrappone ai miti d’oggi, i mediterranei: la madre terra, il mare origine della vita, la donna custode della creazione, l ‘eros fonte di rigenerazione, l’individuo eroe demiurgo, l’infanzia età divina, la nave e il viaggio della vita verso la libertà. Recuperando nella sua coscienza e nella cultura contemporanea tali certezze, supera quegli ostacoli che avevano causato la sua crisi.

Nel mito ritrova l’immagine unitaria dell’individuo che la società industriale ha scisso tra tecnica e fantasia, maschile e femminile, cultura e natura. Il mito gli consente di introdurre nel presente la memoria del passato, di riportare il senso della durata nel flusso inarrestabile di eventi che caratterizza il tempo della metropoli.

Al mito e alle simbologie con cui esso si esprime nell’epos eroico l’artista attinge nella sua trasfigurazione fantastica della realtà, superando quella “crisi di linguaggio” che – come lui stesso dichiara – ha alimentato tutta la sua ricerca estetica.

E’ questa l’eredità più grande che lascia a  molti artisti d’oggi, giovani e meno giovani, ma  lascia anche alcune domande: che senso ha oggi vivere la materialità del fare in un mondo votato all’immateriale? E la memoria e il luogo e la durata?

Pino sa di vivere  sulla soglia di due epoche, la civiltà contadina cede a quella urbana e dinanzi alla perdita, forse irrimediabile, lui gioca la sua ultima partita: rinomina l’oggetto per cambiarne il significato. Non il “mare” o “la terra” è possibile reinventare, ma una loro diversa idea, che instauri una dialettica differente tra uomo e natura.

Il gioco, iperbole e paradosso contro le barriere del senso comune, e l’eros, dotati entrambi di una forte carica liberatoria, sono assunti quali modelli della volontà creatrice. Le sue invenzioni, pur seguendo le regole imposte dalla tecnica e i progressi della tecnologia, fuoriescono dall’orizzonte del consumo, incarnando una rivolta che si esprime in carica vitale e fantasia recuperate allo stadio di originarietà.

Nei cicli successivi, alla carica dissacratoria del gioco, si aggiungono nuovi contenuti: il viaggio verso le origini, custodi di tutta la potenza immaginativa dell’uomo, perché la rinascita sia possibile. E’ questo il senso della “primarietà” di Pascali, che si sedimenta in “oggetti”: gli attrezzi del lavoro contadino, la terra, il mare, il fiume. Lo stesso impulso lo spinge ad indagare le forme della scultura  arcaica africana, per ricercare l’idea primaria fondatrice dell’oggetto.

Il recupero della manualità equivale ad un diverso metodo operativo, capace di unificare tecnica e immaginazione. La mano pratica, mediterranea, femminile per far saltare il mito della produttività maschile, introduce nell’arte la capacità laboriosa, minuta, sensibile, sensoriale.


[i] Calvesi Maurizio, Strutture del primario, nel catalogo della mostra Lo spazio dell’immagine, Foligno, luglio-ottobre 1967.

[ii] Sulle definizioni più recenti di “nomadismo artistico” cfr .Achille Bonito Oliva, La transavanguardia italiana, Politi, Milano 1980, pp. 44 e 54.

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